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Miti Eroi e Dei

Stralcio da: Eroi e dei dell’antichità, Lucia Impelluso, Dizionari dell’Arte, Electa, Milano 2003.


   

 

Adone (nome greco Adone)

Viene raffigurato come giovane di straordinaria bellezza, spesso in compagnia di Venere, in veste di cacciatore o ucciso dal cinghiale.

 

         

 

Adone nasce dal rapporto tra Cinira, re di Cipro, e la figlia Mirra, con cui il re giace per dodici notti senza conoscerne la vera identità. Quando scopre che l’amante è la propria figlia, il re tenta di ucciderla. Mirra riesce a fuggire e, dopo aver molto vagato, esausta implora gli dei di trasformarla in un essere che non appartenga né al regno dei vivi né a quello dei morti. La giovane viene quindi trasformata nell’albero della mirra. Il bimbo, frutto dell’unione incestuosa, viene alla luce rompendo la corteccia dell’albero con l’aiuto della dea del parto, Lucina, ed è chiamato Adone. Venere, colpita dalla bellezza del fanciullo, prende il neonato sotto la sua protezione e lo affida alle cure di Proserpina, che però a sua volta s’innamora del bambino e si rifiuta di riconsegnarlo a Venere. A risolvere il contrasto interviene Giove, stabilendo che Adone viva una parte dell’anno con Venere e una parte con Proserpina. Al suo mito è legata la raffigurazione del ciclo delle stagioni: la morte della natura in inverno e la sua rinascita in primavera. Ovidio racconta che Venere si innamora di Adone colpita da una freccia scoccata per errore da Amore. Il giovane morirà ucciso da un cinghiale durante la caccia. Il mito racconta che dallo sgorgare del suo sangue siano nati glia anemoni. Il culto di Adone, di origine asiatica, si diffuse in Grecia in epoca ellenistica; le Adonie avevano una durata di otto giorni e celebravano l’unione di Adone e Venere e la loro separazione.

 

Amore (nome greco Eros) dio dell’amore

Amore è raffigurato come un fanciullo alato munito di arco e frecce. Colpisce dei e uomini infondendo la passione spesso appare insieme alla madre Venere. Nella tradizione più comune è figlio di Venere e di Marte.

 

         

 

Amore. Detto anche Cupido, viene descritto nelle fonti più antiche come divinità nata dal Caos originario che tiene unito l’universo. E’ un fanciullo alato, furbo e un po’ impudente che con i suoi dardi fa innamorare sia gli dei sia gli esseri umani. Le frecce scoccate dal dio hanno differenti poteri: quelle d’oro infondono amore in chi viene colpito, quelle di piombo suscitano avversione nel cuore dell’amante. Talvolta, però, Amore viene punito per le sue malefatte. Pur essendo una divinità minore, il dio è raffigurato piuttosto spesso nell’arte ellenistica, durante il Rinascimento e nelle epoche successive. Non di rado la sua presenza è simbolica e indica che il tema iconografico è di natura amorosa. Nell’atto di scoccare la sua freccia, il dio vola leggero sopra le figure degli amanti. A volte lo si scorge giocare con le armi di Marte o costruire un arco dalla clava di Ercole, a indicare che l’amore vince anche sui più forti. Spesso è raffigurato bendato e non solo perché, come si dice, l’amore è cieco; la figura di Amore bendato, che comincia ad apparire nell’arte medievale, assume infatti la valenza negativa dell’oscurità del peccato.

 

Antiope (nome greco Antiope)

Ninfa o essere mortale di straordinaria bellezza, è solitamente raffigurata mentre giace addormentata nel folto del bosco.

 

         

 

I testi classici riportano solo brevi accenni alla figura di Antiope. Omero nell'Odissea narra come la Ninfa, figlia del fiume Asopo, si vanti di “aver dormito tra le braccia di Zeus” e di aver generato due gemelli, Anfione e Zeto. Tuttavia, Omero non accenna alla trasformazione del re dell'Olimpo in Satiro, forma assunta dal dio per unirsi ad Antiope secondo la tradizione attestata invece nelle Metamorfosi di Ovidio. I gemelli nati dall'unione di Giove e Antiope vengono abbandonati e sono allevati da pastori. Quando però, ormai grandi, vengono a conoscenza della loro vera identità marciano contro Tebe, dove Antiope è tenuta prigioniera dal re Lico, e vendicano la madre. Pur non occupando un posto di rilievo nelle fonti antiche, il mito di Giove e Antiope ha riscosso un discreto successo tra gli artisti di epoche diverse, che probabilmente si ispirarono a questo tema per definire il modello del nudo femminile in posizione giacente. La raffigurazione di Antiope più comune è infatti quella della giovane addormentata, distesa nel bosco, mentre Giove in veste di Satiro le si avvicina o le scosta dolcemente la veste. Accanto ad Antiope appare talvolta Amore con l'arco e la faretra.

 

 

         

 



 

 

         

 



 

 

         

 

 

         
   

   

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